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Cybersecurity d’impresa: una questione giuridica e strategica, non solo tecnica


Cybersecurity

Negli ultimi anni, la cybersecurity ha cessato di essere un tema confinato ai reparti IT per imporsi come questione centrale di governance aziendale.

A fronte di un aumento esponenziale degli attacchi informatici – in termini di frequenza, complessità e impatto – ogni impresa, a prescindere dalla dimensione o dal settore, si trova oggi a dover affrontare nuove forme di vulnerabilità.

Ma ciò che spesso sfugge al dibattito pubblico e imprenditoriale è che la cybersecurity non è (più) solo una questione tecnica, bensì un nodo giuridico, organizzativo e strategico.


I costi invisibili della violazione: oltre il danno tecnico

Una violazione informatica produce una serie di conseguenze a catena che raramente si limitano alla perdita di dati o al blocco dei sistemi. Le conseguenze effettive riguardano ambiti molto più ampi:

·       Responsabilità giuridica verso clienti, fornitori, utenti e autorità;

·       Danni reputazionali difficili da quantificare ma capaci di compromettere in via permanente la fiducia nel brand;

·       Sanzioni amministrative per violazione di norme quali GDPR, NIS2, DORA;

·       Interruzioni operative con effetti su produzione, logistica e supply chain;

·       Perdita di valore competitivo e attrattività sul mercato finanziario.

In questo quadro, la cybersecurity si configura come una componente strutturale del rischio d’impresa e diventa parte integrante di qualsiasi strategia di compliance aziendale evoluta.


Cybersecurity e rapporti con banche e assicurazioni: un nuovo parametro di affidabilità

Sempre più spesso, la postura cyber delle imprese viene valutata direttamente dagli attori del sistema finanziario e assicurativo, che ne traggono elementi per:

·       la valutazione del merito creditizio (rating bancario);

·       la determinazione delle condizioni di copertura assicurativa;

·       l’ammissibilità a strumenti di finanza agevolata o garantita, specialmente nei bandi europei o PNRR.

Nel contesto bancario, infatti, l’analisi del rischio operativo si è estesa fino a comprendere indicatori legati alla sicurezza informatica: presenza di policy, sistemi di backup, continuità operativa, gestione dei dati sensibili.

In alcuni casi, l’assenza di un piano documentato di cybersecurity può essere letta come segnale di fragilità organizzativa, influendo negativamente sul rating.

Nel campo assicurativo, si assiste alla diffusione di polizze specifiche (cyber risk), ma anche all’introduzione di franchigie, esclusioni o premi maggiorati per imprese che non dimostrano adeguate misure di prevenzione.

Si tratta di una forma di compliance “dal basso”, spinta dalle controparti contrattuali che si tutelano ex ante rispetto a rischi sistemici.

La conseguenza è evidente: la cybersecurity incide oggi sul costo del capitale e sulla possibilità stessa di accesso al credito o alla copertura del rischio.


Il contesto normativo: un’evoluzione vincolante

Negli ultimi anni il legislatore europeo ha sistematizzato il quadro regolatorio in tema di sicurezza informatica. Oltre al noto GDPR, la nuova Direttiva NIS2 e il Regolamento DORA rafforzano gli obblighi di prevenzione, notifica e governance del rischio per un’ampia gamma di soggetti, inclusi operatori privati strategici (logistica, manifattura, agroalimentare, sanità, IT).

Nel prossimo futuro, il Cyber Resilience Act allargherà il perimetro alle imprese produttrici di dispositivi digitali, imponendo requisiti di progettazione sicura.

Tutte queste norme convergono su un punto: l’impresa deve dimostrare di avere piena consapevolezza dei rischi cyber e di disporre di strumenti strutturati per governarli.


Il Modello 231 e i reati informatici: un aggiornamento necessario

In molti casi, i Modelli di organizzazione e gestione ex D.Lgs. 231/2001 sono rimasti ancorati a una struttura tradizionale, poco reattiva rispetto alla trasformazione digitale. Tuttavia, l’evoluzione normativa e giurisprudenziale richiede oggi un aggiornamento mirato del Modello 231 in chiave cyber, per diversi motivi:

1.     Estensione dei reati presupposto: numerosi reati informatici sono oggi inseriti nel catalogo dei reati 231 (es. accesso abusivo a sistema informatico, danneggiamento informatico, frodi digitali, violazioni di segreti industriali).

2.     Profilazione del rischio: molte attività digitalizzate – e talvolta esternalizzate – espongono l’ente a comportamenti illeciti anche non dolosi, ma generati da negligenza o mancata formazione del personale.

3.     Moduli di controllo preventivo: i presìdi organizzativi devono evolvere per includere policy cyber, piano incidenti, tracciamento degli accessi, audit sui fornitori IT.

Oltre agli aspetti sanzionatori, è in gioco il requisito di “adeguatezza” dell’assetto organizzativo, che oggi non può più prescindere dalla gestione del rischio informatico.


Verso una compliance integrata

Cybersecurity, gestione dei dati, protezione degli asset digitali, relazioni con fornitori IT, smart working, cloud, intelligenza artificiale: sono tutti elementi che incidono sulla conformità dell’impresa rispetto a un mosaico di norme, obblighi contrattuali, condizioni bancarie e assicurative.

Il rischio cyber non è isolabile è invece trasversale.

Per questi motivi richiede una compliance integrata, che superi la logica dei compartimenti stagni (IT, legale, amministrazione) e costruisca una governance unitaria dei processi.


Conclusioni

La questione cyber non è un’urgenza contingente, né una moda tecnologica.

È un cambio di paradigma che impone alle imprese di ogni settore una revisione profonda del modo in cui si concepiscono responsabilità, assetti organizzativi e relazioni con il mondo esterno.

Oggi, trascurare la cybersecurity significa esporsi non solo a un attacco, ma a una perdita di credibilità sistemica: verso clienti, fornitori, finanziatori, assicuratori e autorità.

Chi non integra la sicurezza informatica nella propria strategia d’impresa, rischia di trovarsi fuori mercato – non per scelta, ma per mancanza di idoneità a sostenere il rischio moderno.

 
 
 

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